Patologie del piede

Quinto metatarso varo

Il quinto dito varo può presentare una protuberanza ossea simile a quella dell’alluce valgo ed è una deformazione caratterizzata dall’iperestensione dell’articolazione metatarso-falangea a livello del 5° dito, unita a una deviazione in varo di massimo 60°.

Può essere trattato con metodi conservativi (cerotti, fisioterapia e protezioni in silicone) che non danno particolare beneficio. Nei casi più gravi, quando sono presenti dolore e difficoltà motorie, si ricorre al trattamento chirurgico solitamente svolto con tecnica mininvasiva.

Trattamento chirurgico del 5° metatarso varo

Nella cura del 5° dito varo – quando cerottaggi, terapie fisioterapiche o protezioni in silicone risultano inutili e la deformità è accompagnata da dolore è difficoltà motorie –  è necessario ricorrere alla correzione chirurgica.

Attualmente è preferibile trattare la patologia con la tecnica chirurgica percutanea mininvasiva.
La patologia viene trattata con tecnica chirurgica mininvasiva. L’anestesia è locale e i gesti chirurgici permettono sia una correzione dei tessuti molli sia una correzione dell’osso. L’intervento chirurgico può prevedere plastiche cutanee, allungamenti tendinei e osteotomie dell’osso per il riallineamento dell’articolazione.

L’intervento consiste nel reincavigliamento della 5ª testa metatarsale con arretramento e medializzazione della stessa, allungamento a baionetta del tendine estensore e riduzione della testa sul piano del metatarso. Completa l’intervento l’allungamento degli altri 4 tendini estensori (a cielo chiuso, con incisione di pochi millimetri).

Obiettivo dell’intervento è rendere calzabile il piede senza sofferenza e diminuire il carico dalla 5ª testa metatarsale. Ciò si realizza arretrando e spostando poi al centro del piede (medializzando) la testa, quindi sollevandola e togliendo la pressione su di essa da parte del 5° dito che si era posto sopra la testa metatarsale.

L’intervento non necessita di mezzi di sintesi, perché avviene con l’incastro della testa sul metatarso.

Alluce valgo

L’alluce valgo, al di là dell’inestetismo, determina dolore e difficoltà nella deambulazione. Nei casi più gravi la deviazione dell’alluce può portare alla sovrapposizione del secondo dito sull’alluce.

L’intervento troppo spesso viene rimandato per la tradizionale paura del dolore post-operatorio ma, scartati tutti gli inutili rimedi costituiti da tutori notturni o diurni, rimane solo la correzione chirurgica.

Correzione del valgismo dell’alluce

L’intervento chirurgico dura circa 45 minuti e prevede il ricovero di una sola notte; il giorno seguente il paziente dovrà indossare una calzatura particolare (calzatura di Barouk). Con gesti chirurgici poco aggressivi e una buona terapia analgesica post-operatoria, la prima giornata è assolutamente tollerabile. Il secondo giorno, solitamente, il paziente può tornare a casa e camminare con l’aiuto di canadesi, senza dolore importante.

Dopo 1 settimana è prevista una visita di controllo e dopo 2 settimane è possibile rimuovere i punti. Dopo 4-6 settimane si può smettere di indossare la calzatura di Barouk e tornare a una vita normale.

Artrosi della caviglia

Il paziente affetto da artrosi della caviglia presenta dolore, rigidità e tumefazione a carico della caviglia. L’artrosi della caviglia è un processo degenerativo a carico della cartilagine articolare della caviglia, per questo motivo è una patologia che colpisce soprattutto le persone anziane, ma può anche insorgere in seguito a un trauma, come una frattura, o a patologie reumatiche.

La scelta terapeutica propende per le infiltrazioni con ossigeno-ozono a fine antinfiammatorio. La chirurgia è relegata a casi più gravi e la protesizzazione non è indicata praticamente mai.

Distorsione della caviglia

La distorsione, dovuta a eventi traumatici spesso legati allo sport o a cadute accidentali, comporta dolore, tumefazione e difficoltà nella deambulazione. Un primo trattamento in fase acuta prevede ghiaccio, riposo ed elevazione dell’arto.

Successivamente l’articolazione deve essere immobilizzata con bendaggi, tutori o gesso a seconda dell’entità del danno. Generalmente è somministrata una terapia antinfiammatoria e antidolorifica, più raramente anche una terapia antitrombotica.

Se ben trattata, in 4 settimane la lesione guarisce.

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